Se non paghi non vale

biancaneve“‬Moltissime delle prestazioni che svolgiamo producono profitto ma non sono riconosciute come lavoro e quindi pagate.‭ ‬Ci dicono che molto di ciò che facciamo non è retribuito perché non è nient’altro che un’opportunità per noi di far vedere chi siamo‭ (‬per realizzarci,‭ ‬per trovare forse un giorno un lavoro retribuito,‭ ‬per essere assunti,‭ ‬per mantenere il nostro lavoro,‭ ‬per acquisire visibilità‭) ‬esattamente come da sempre alle donne viene detto che prendersi cura degli altri è un modo‭ (‬il modo‭) ‬di esprimere se stesse‭” (‬SomMovimento NazioAnale,‭ ‬Sciopero sociale:‭ ‬sciopero dei generi/dai generi‭)
Vi sembra esagerato‭? ‬Eppure pensiamoci.‭ ‬Quante volte lo vediamo succedere.‭ ‬Quante volte succede a noi.‭ ‬Ci sono le forme più ovvie ed evidenti.‭ ‬Ci sono gli stage gratuiti o a minimo rimborso spese‭ – ‬rimborso che,‭ ‬spesso,‭ ‬non copre nemmeno i costi di eventuali spostamenti.‭ ‬Ci sono i cosiddetti progetti formativi,‭ ‬che spesso ti formano a servire il caffè o a far fotocopie‭; ‬ci sono,‭ ‬poi,‭ ‬le esperienze di volontariato,‭ ‬che‭ “‬si ok oggi non ti pagano ma domani magari si libera un posto‭”‬.‭ ‬E come dimenticare le collaborazioni gratuite,‭ ‬che‭ “‬intanto almeno fa curriculum‭”‬…
A queste forme di lavoro,‭ ‬crediamo si possa a buon diritto affiancare il lavoro istituzionalmente sottopagato‭ – ‬come le work experience o il servizio civile‭ – ‬dove i cosiddetti volontari,‭ ‬di fatto,‭ ‬spesso sostituiscono a salario dimezzato i lavoratori ordinari‭ (‬in particolare nel terziario sociale‭)‬.‭ ‬Ma ci dicono di non essere‭ “‬choosy‭”‬…
Ci sono però moltissimi altri modi,‭ ‬più sottili e pervasivi,‭ ‬in cui il nostro tempo e il nostro lavoro vengono messi a profitto,‭ ‬senza alcun compenso e spesso senza nemmeno riconoscimento.‭ ‬Proviamo qui a vederne alcuni,‭ ‬in modo forse un po‭’ ‬casuale,‭ ‬a titolo di esempio e senza pretese di esaustività.‭ ‬Alcuni sono più legati al paradigma contemporaneo,‭ ‬mentre altri non sono certo una novità.‭ ‬In ogni caso,‭ ‬però,‭ ‬si tratta a tutti gli effetti di lavoro gratuito.‭ ‬Ma a noi,‭ ‬quanto costa‭?
La Bella Presenza
Spesso nei lavori a contatto con il pubblico è richiesta la‭ “‬bella presenza‭”‬.‭ ‬Cosa significa concretamente‭? ‬Certo,‭ ‬in parte dobbiamo avere la fortuna di aderire ad un modello estetico considerato gradevole,‭ ‬ma è soprattutto una questione di stucco e pittura.‭ ‬Per cui,‭ ‬gite frequenti da parrucchiere ed estetista,‭ ‬investimenti in abiti e scarpe,‭ ‬parecchio tempo passato allo specchio con pettine e pennellino.‭ ‬Questo non perché ci piaccia o faccia star bene,‭ ‬in quel caso nulla da dire,‭ ‬ma perché è necessario.‭ ‬Si tratta di un investimento di tempo e denaro per poter lavorare.‭ ‬In alcuni contesti la‭ “‬tenuta‭” ‬richiesta è a tutti gli effetti equiparabile ad una divisa,‭ ‬costosa e da cambiare spesso.‭ ‬In altri è la nostra stessa creatività ad essere messa a valore:‭ “‬look creativo,‭ ‬conoscitrice degli stili di strada‭ (?!)‬,‭ ‬attenta alla moda‭” ‬sono solo alcune delle definizioni che facilmente ricorrono nei nostri curricula alla voce‭ “‬altro‭”‬.‭ ‬Ma quanto ci costa‭? ‬Quanto ci costa davvero dover necessariamente aderire,‭ ‬sempre e comunque,‭ ‬a questo o quel modello di femminilità o di mascolinità,‭ ‬rifunzionalizzare la nostra identità alle esigenze aziendali o anche solo perdere mezz’ora di sonno in più per tirarsi a lucido la mattina‭?
Le Trasferte
Nemmeno si ipotizza che il tempo per e dal lavoro sia a tutti gli effetti tempo di lavoro‭ (‬eppure a inizi‭ ’‬900‭ ‬questo venne convenuto in alcuni contesti operai‭)‬.‭ ‬Oggi,‭ ‬invece,‭ ‬a molte precarie e precari non vengono riconosciuti nemmeno gli spostamenti durante il tempo di lavoro o le trasferte,‭ ‬che non solo non vengono retribuite,‭ ‬ma nemmeno rimborsate.‭ ‬Di nuovo,‭ ‬quindi,‭ ‬ci si ritrova nella surreale situazione per cui per lavorare bisogna pagare.
La Formazione Permanente ed i Progetti
L’aggiornamento professionale è una buona cosa,‭ ‬nessuno lo nega.‭ ‬Ma anche questo è a tutti gli effetti lavoro,‭ ‬che però spesso,‭ ‬troppo spesso,‭ ‬viene richiesto,‭ ‬se non dato per scontato,‭ ‬ma non retribuito.‭ ‬Pensiamo soprattutto a chi è precario o a tutti quei cosiddetti lavoratori autonomi con partita‭ ‬IVA che altro non sono che dipendenti mascherati,‭ ‬a chi lavora su progetti educativi,‭ ‬sociali,‭ ‬creativi o spesso anche para-istituzionali.‭ ‬Per tutti questi lavoratori,‭ ‬ma sempre più di frequente anche per i‭ “‬garantiti‭”‬,‭ ‬la formazione è demandata al tempo libero‭ (‬che a quel punto tanto libero non è‭) ‬e anche i costi‭ (‬libri,‭ ‬strumenti,‭ ‬convegni,‭ ‬corsi,‭ ‬ecc.‭) ‬vengono scaricati sul singolo.
Per chi poi lavora su bandi o progetti,‭ ‬spesso nemmeno la stessa progettazione viene riconosciuta come impegno lavorativo,‭ ‬rientrando così completamente nel novero dei lavori gratuiti.
In questo modo,‭ ‬inoltre,‭ ‬il concetto di‭ “‬orario di lavoro‭” ‬sfuma sempre più,‭ ‬dilatandosi e confondendosi con il tempo-vita,‭ ‬invadendo anche gli spazi di intimità di ciascun di noi.
Tecnologie e Reperibilità
Nella stessa direzione di sovrapposizione tra tempo di lavoro e tempo di vita vanno anche molti degli utilizzi delle‭ “‬nuove tecnologie‭”‬.‭ ‬Trascuriamo in questo ragionamento,‭ ‬limitandoci a segnalarlo,‭ ‬come l’utilizzo dei social network sia‭ – ‬anche e a tutti gli effetti‭ – ‬lavoro gratuito per le grosse aziende,‭ ‬attraverso meccanismi di profilazione che fanno girare miliardi.‭ ‬Concentriamoci invece su quanto,‭ ‬ad esempio,‭ ‬per moltissime persone sia diventato normale ricevere mail di lavoro‭ ‬h24‭ ‬sul cellulare o interagire con i colleghi in ogni momento tramite i gruppi Whatsapp.‭ ‬In questo modo facilmente il lavoro,‭ ‬in particolare quei lavori già di per sé considerati‭ “‬liquidi‭”‬,‭ ‬diventa un tutt’uno con l’invito a cena dell’amico,‭ ‬il compleanno della mamma o lo spettacolo teatrale interessante a cui vorremmo andare‭… ‬se solo non avessimo da finire quel progetto.‭ ‬Perché naturalmente‭ “‬ci si aspetta‭” (‬capi,‭ ‬colleghi,‭ ‬spesso anche noi stess‭*) ‬che ricevendo informazioni lavorative,‭ ‬seppure ufficialmente fuori orario,‭ ‬si risponda e/o si agisca di conseguenza,‭ ‬non importa dove o quando.
Certo,‭ ‬questo scenario nelle sue forme estreme può apparire modellato sulla Miranda Priestly de‭ “‬Il diavolo veste Prada‭”‬,‭ ‬eppure le medesime modalità sono comunemente all’opera ogni volta che durante una serata fuori riceviamo aggiornamenti sulle problematiche del reparto da parte dei colleghi del turno di notte,‭ ‬rispondiamo alle mail del capo facendo colazione o controlliamo mentre siamo in ferie se per caso la tal ditta ha accettato il preventivo.‭
Si tratta chiaramente di meccanismi stritolanti tutte le soggettività,‭ ‬non solo‭ ‬quelle‭ ‬delle lavoratrici.‭ ‬Tuttavia,‭ ‬in qualche modo le donne fungono,‭ ‬loro malgrado,‭ ‬da‭ “‬testa d’ariete‭”‬:‭ ‬da un lato l’occupazione femminile è storicamente sempre stata più‭ “‬flessibile‭” (‬leggi precaria‭) ‬e ricattabile‭; ‬dall’altro assistiamo oggi ad un’esaltazione funzionale delle caratteristiche supposte‭ “‬femminili‭”‬,‭ ‬come l’essere multitasking,‭ ‬accomodanti,‭ ‬sempre disponibili,‭ ‬attente alle necessità collettive e disposte a sacrificarsi per un fantomatico‭ “‬bene comune‭”‬.‭ ‬Non a caso,‭ ‬in riferimento‭ – ‬anche‭ – ‬a questi fenomeni,‭ ‬c’è oggi chi parla di‭ “‬femminilizzazione del lavoro contemporaneo‭”‬.
Se mi Molesti‭… ‬Ti Sorrido
Praticamente tutte le donne,‭ ‬e non solo,‭ ‬che abbiano mai svolto un lavoro a contatto con il pubblico hanno fatto quest’esperienza.‭ ‬Il commento fuori posto,‭ ‬l’allusione pesante,‭ ‬la palpatina di passaggio,‭ ‬quando non peggio,‭ ‬sono considerati a tutti gli effetti come‭ “‬normali‭”; ‬in più si pretende che sopportare,‭ ‬sorridere e fingersi lusingate rientri nella normalità.‭ ‬Perché in fondo,‭ ‬parrebbe dire questa realtà,‭ ‬qualsiasi lavoro delle donne è anche in parte lavoro sessuale.‭ ‬Non riconosciuto e non pagato come tale,‭ ‬ça va sans dire,‭ ‬ma comunque‭ “‬dovuto‭”‬.‭ ‬E allora,‭ ‬verrebbe da dire,‭ ‬se è parte del mansionario,‭ ‬applichiamoci anche le tariffe correnti.‭ ‬Altrimenti,‭ ‬diamoci un taglio.
Di fronte a tutto questo,‭ ‬che fare‭? ‬Il primo passo forse è proprio il riconoscimento.‭ ‬Quelli proposti qui sopra,‭ ‬lo ribadiamo,‭ ‬sono solo alcuni esempi sparsi.‭ ‬Quanti altri potremmo farne‭? ‬Esercitiamoci a‭ (‬ri)cominciare a vedere quando e quanto ci viene chiesto di dare gratuitamente il nostro tempo,‭ ‬la nostra creatività,‭ ‬le nostre risorse sociali,‭ ‬le nostre immagini e immaginari.‭ ‬Riconosciamo quando accade ad altr‭@‬.‭ ‬Rifiutiamo di pretenderlo a nostra volta,‭ ‬o di darlo per scontato.‭ ‬Proviamo a disertare,‭ ‬dove possibile e per quanto possibile,‭ ‬a partire dai piccoli gesti.‭ ‬Ignoriamo il telefono,‭ ‬evitiamo di sorridere all’insulto sessista,‭ ‬freghiamocene dell’aspetto fisico e della pettinatura di chi sta lavorando e non è certo lì per farsi squadrare da noi.‭ ‬Interveniamo dove le condizioni lo consentono.‭ ‬Resistiamo in ogni momento in cui troviamo la forza.‭ ‬Facciamolo assieme,‭ ‬riconosciamoci a vicenda.‭ ‬In fin dei conti,‭ ‬sono le piccole gocce a fare marea.
Asia

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